La storia di Platone
L’abbiamo incontrato una sera ai primi di maggio: due di noi – allora l’Associazione non esisteva ancora, eravamo solo un gruppetto di amici accomunati dall’amore per i gatti – tornavano dal solito giro delle nostre colonie, quando eccolo lì, all’angolo di una via: “ciao bel micio, cosa fai da queste parti ? Non ti abbiamo mai visto…“ Risposta: “Mao …”. Aveva chiaramente fame, e altrettanto chiaramente aveva bisogno di aiuto: un bel gattone tigrato, con due occhi magnetici, ma magro e pieno di croste, forse ferite. Chissà da dove veniva, se era scappato, abbandonato, o forse transfuga di qualche colonia lontana, ma una cosa era certa: non si poteva lasciarlo lì, in mezzo alla strada. Subito partì il tam tam di telefonate, cercando di trovare una soluzione almeno temporanea, per far fronte all’emergenza. Intanto il micio, dopo aver apprezzato una cena estemporanea rimediata con le solite scatolette di riserva che ogni gattaro tiene sempre in soprannumero, ci guardava con l’aria di dire: “be’, vedete voi, io sono un bravo gatto…”.
E bravo lo era davvero: entrò da solo nel trasportino, con quella fiera fiducia che è uno degli aspetti più commoventi dei cosiddetti “gatti di strada”. Due di noi, all’epoca, avevano un locale in zona, che fino a qualche mese prima era stato usato da un centro culturale: adesso era libero, ancora arredato con scaffali, divani e moquette, e in attesa di essere venduto: però era già stato usato, temporaneamente, per ospitare gatti poi adottati dagli stessi proprietari dei locali.
Di lì erano passati Salomone, Tancredi, Asterix, anche la piccola Stellina che purtroppo non ce l’aveva fatta a superare la quarantena e venire felicemente inserita in famiglia come gli altri, e lì venne ricoverato anche il nuovo gatto, in attesa di venire portato dal veterinario e sottoposto alle cure del caso.
“Intanto mettiamolo al sicuro – ci siamo detti – poi si vedrà”. Ma quando, il giorno dopo, la nostra veterinaria di fiducia lo visitò, la situazione si rivelò subito problematica: il micio era giovane, non sterilizzato e complessivamente in discrete condizioni, ma era positivo FIV. Tutti gli amanti dei gatti conoscono questa malattia, analoga all’AIDS umano e purtroppo molto diffusa fra i gatti “liberi”: un gatto che ne è affetto non è pericoloso né per gli uomini né per i cani, ma all’epoca si pensava che non potesse convivere con altri gatti, perché la malattia si trasmette attraverso il sangue e quindi è potenzialmente contagioso.
In realtà, in seguito, l’esperienza ci ha insegnato che di fatto non è così, anche se ancora adesso ci sono molti pregiudizi e l’adozione di un gatto positivo fiv è ancora molto difficile. Comunque, finché non è conclamata (e nella maggior parte dei casi questo non avviene) un gatto fiv positivo vive benissimo, con le stesse speranze di vita di un gatto sano, anche se con qualche attenzione in più perché le sue difese immunitarie sono compromesse.
Intanto il micio venne sterilizzato, curato e accudito, e incominciò la sua vita al “Centro”, come chiamavamo i locali dove l’avevamo ospitato: certo, nessuno di noi poteva pensare di portarselo a casa, perché tutti avevamo altri gatti, e quindi era indispensabile trovare un’adozione, non facile però vista la situazione. Insomma, occorreva tempo.
Platone intanto – sì, l’abbiamo chiamato così sia perché qualcuno fra noi ha il pallino della filosofia classica, sia perché c’era stato un altro gatto con questo nome che aveva avuto una sorte fortunata (anche se poi ribattezzato Chicco), ma soprattutto perché il nome gli si addiceva – viveva bene, rivelando un’acuta intelligenza, una grande propensione al dialogo e una notevole abilità come giocatore di calcio nel ruolo di portiere.
Appena aprivamo la porta del suo appartamento, ci veniva incontro e ci raccontava le ultime novità, poi gradiva il pranzo o la cena, si sottoponeva alle cure – sempre meno, perché ormai stava bene – e poi venivano i giochi e le coccole: era diventato un gattone bellissimo, con una pelliccia folta,
dalle mille sfumature bruno-dorate, e i suoi occhi profondi, sereni e vagamente ironici ormai ci guardavano con affetto: ci aveva accettato come amici, e noi ne eravamo orgogliosi.
Il posto era abbastanza grande, ma ovviamente non era pensabile che Platone ci rimanesse per sempre: per lui ci voleva una casa, qualcuno che fosse più presente, che potesse dedicargli di più di quelle poche mezz’ore che noi riuscivamo a ritagliare nelle nostre giornate sempre troppo piene di impegni.
Così ci mettemmo all’opera per trovargli una famiglia: contattammo veterinari, negozi, mettemmo foto e locandine, parlammo di lui praticamente con tutti, e finalmente il colpo di fortuna: un signore che aveva appena perso la sua amatissima gatta, viveva solo e aveva tempo e amore da dedicargli se lo portò a casa.
Platone iniziò la sua nuova vita domestica, alla quale si adattò subito benissimo: fin dalla prima sera, pensò bene di dormire sul letto accanto al suo nuovo compagno, e i due iniziarono una felice convivenza.
Noi telefonavamo spesso, per avere notizie e dare una mano in caso di necessità, ma tutto andava bene: Platone godeva di buona salute, mangiava, giocava e riempiva la giornata del suo amico con la sua presenza discreta e affettuosa, ricambiando con amore l’amore che riceveva. Tutti e due erano proprio contenti e ben sistemati. Il tempo passava, venne l’estate, qualcuno di noi partì per le ferie, e in settembre ci arrivò la notizia: Platone non era più con noi.
Era stato male: portato subito dal veterinario, gli era stato diagnosticato un tumore inoperabile e, nel giro di poche ore, la situazione era precipitata ed era sopraggiunta la fine.
Per tutti noi fu un dolore grandissimo: eravamo così felici di essere riusciti a sistemarlo bene, togliendolo dalla strada e assicurandogli una vita sicura e protetta, e adesso… adesso era tutto finito, il nostro micione non c’era più.
Ci mancavano i suoi occhi bellissimi, la sua eleganza, le sue chiacchiere, la sua simpatia, persino le telefonate al povero signor Renato, anche lui avvilito e depresso, di nuovo solo.
Dunque era stato tutto inutile, non eravamo riusciti a salvarlo, doveva finire così…
Ma un po’ alla volta, superati i primi momenti di sconforto e la rabbia al pensiero della strage dei gatti cosiddetti liberi – in realtà allo sbando, esposti a tutti i rischi della strada, fra cui il contagio di malattie mortali – incominciammo a ragionare più serenamente, e a vedere le cose in maniera più obiettiva.
E’ vero, la vita del nostro Platone era segnata – come quella di noi tutti – ma raccogliendolo, curandolo e affidandolo gli avevamo almeno assicurato un periodo che, anche se breve, era stato bello: aveva ricevuto amore, coccole, aveva vissuto proprio bene, e anche la sua morte era stata se non altro serena, dignitosa, assistita e circondata da affetto e attenzione.
Non era vissuto e morto solo, soffrendo fisicamente e moralmente, ansioso ed impotente, nascosto in qualche buco, tremando di febbre e di paura in un mondo ostile, pieno di oscure minacce e di immediati pericoli.
Dunque qualcosa, dopo tutto, eravamo riusciti a fare per lui: ma in tutto questo ci rendevamo conto che il fattore determinante era stato il tempo. Ci vuole tempo, infatti, per curare un gatto, rimetterlo in sesto, e soprattutto trovargli una famiglia: non è facile trovare buone adozioni.
Ecco, al di là di come era finita, almeno questo eravamo riusciti ad offrirlo, al nostro Platone: un po’ di tempo, perché quando l’avevamo trovato lì, all’angolo della strada – e a nessuno di noi era ragionevolmente possibile portarselo a casa – potevamo almeno disporre di quei locali, forse inadatti, ma caldi, chiusi, sicuri, dove lui aveva potuto tranquillamente rimanere per prepararsi alla sua nuova vita, che avrebbe sì potuto essere più lunga, ma almeno era stata felice.
“Chissà quanti gattari come noi sarebbero contenti di avere questa possibilità” ci siamo detti.
“Perché non offrire anche a quelli che vorrebbero farlo, ma non possono perché non sanno dove tenerlo, il mezzo di salvare un gatto ? “
Ecco, così, molto semplicemente, è nata la nostra associazione: i locali sono stati ristrutturati e resi idonei ad ospitare un po’ di gatti, e i gatti in breve tempo sono arrivati, eccome se sono arrivati !
E per fortuna se ne vanno anche: da creaturine spaventate e malmesse, bisognose di tutto, diventano – o ritornano ad essere – quello che in realtà sono: splendidi felini con il loro carattere e la loro personalità, nessuno uguale a un altro, ma tutti ugualmente adorabili e pronti a entrare in nuove famiglie che li sappiano amare.
Certo, per qualcuno ci vuole più tempo, alcuni rimangono anche mesi presso il nostro Centro, ma prima o poi tutti trovano casa, e noi ne siamo felici, anche se ad ogni adozione è un pezzetto di cuore che se ne va …
Dopo anni di lavoro e tante adozioni felicemente concluse, sarebbero tante le storie da raccontare, ma la storia di Platone è emblematica per tutte: è lui che ci ha dato l’idea, ed è lui che, come un piccolo nume tutelare, si aggira sempre nei locali del Centro e non ci permette di dimenticare mai – anche quando le gabbie sono piene, i mezzi scarseggiano e gli allegri vacanzieri pensano bene di abbandonare qualche gatto in più – che anche una sola vita salvata ha l’inestimabile valore della Vita.